Quali sviluppi ci sono nell’utilizzo di stampa 3d in campo medico? Se ne è parlato al CPhI 2016. Ecco cosa è emerso.

In questi ultimi anni la tecnologia di stampa in 3D sta suscitando molto scalpore soprattutto in campo medico, tanto che quest’ultimo  potrebbe essere completamente rivoluzionato. Viene già utilizzata per la creazione di protesi, impianti e farmaci personalizzati realizzati su misura per ogni paziente, con la previsione di creare interi organi vascolarizzati,come cuore, fegato e reni, nei prossimi anni.

La stampa di oggetti tridimensionali trova origini nella stereolitografia sviluppata negli anni ’80 da Charles Hull. Ovviamente oggi è molto più avanzata: si parte da un modello digitale, creato con appositi software, che viene poi elaborato e ricreato da stampanti 3D. La stampa avviene per strati fino alla realizzazione dell’intero oggetto, utilizzando particolari inchiostri che possono essere costituiti da materiali come plastiche, metalli, ceramiche, polveri, liquidi e addirittura cellule vive.

In campo medicale sono diversi gli oggetti che vengono stampati grazie a questa tecnologia: modelli anatomici, impianti, protesi e farmaci, anche interamente personalizzati, e addirittura tessuti e organi.

In futuro si potranno stampare organi sostitutivi per pazienti in attesa di trapianto partendo direttamente da cellule prelevate dal loro corpo. Questo minimizzerà il rischio di rigetto e azzererà l’attesa spesso fatale dell’organo compatibile.

La stampa in 3D è già realtà in molti settori: in odontoiatria viene utilizzata per la creazione di denti e impianti; in ortopedia vengono create protesi su misura; in neurochirurgia si stampano parti di calotta cranica che aderiscono perfettamente, nonostante la complessità del cranio umano.

Molti sono gli esempi di successo. Oltre al vantaggio della creazione personalizzata, che abolisce la necessità di dover modellare pezzi, offre anche altri benefici come i costi limitati, la rapidità di realizzazione degli oggetti ridotta a poche ore, e una maggiore collaborazione fra gli specialisti del settore, che hanno la possibilità di condividere  file di modelli  3D grazie a database  opensource già attivi.

E nella farmacologia?
Anche nel settore specifico della farmacologia l’utilizzo del 3D si preannuncia rivoluzionario. Gli scenari che si aprono prevedono vantaggi quali la produzione di farmaci determinati da un controllo preciso dei dosaggi ed elevata replicabilità. Addirittura il farmacista potrà generare medicinali personalizzati, e i principi attivi di più farmaci potranno coesistere in un’unica pillola in funzione delle necessità del paziente e del suo profilo specifico. Le forme tradizionali di medicinali in commercio prevedono al contrario ingredienti a rilascio standardizzato. Il 3D consentirà la creazione, in un unico medicinale, di strati di ingredienti capaci di differenziare, in modo controllato e personalizzato, il rilascio dei principi attivi.

Vi sono però ancora diversi punti cruciali come questioni riguardanti i tempi e i costi di sviluppo dei progetti, la tutela di copyright e brevetti, l’elevato rischio di contraffazione dei farmaci e soprattutto la mancanza di normative chiare. Le decisioni regolamentari vanno prese su solide basi scientifiche e tecnologiche. Con questo obiettivo FDA ha creato un gruppo di lavoro per verificare le questioni tecniche e regolatorie del 3D in ambito medico.
Lo ha recentemente sottolineato da Emil W. Ciurczak di Doramaxx Consulting, relatore al CPhI 2016, il quale ha altresì sottolineato come molti dei cambi siano stati ispirati dalle Agencies che in precedenza erano state accusate di volerne bloccare i processi. FDA, EMA e ICH hanno, infatti, recentemente elaborato e diffuso linee guida per regolamentare i processi.