Che tipo di ruolo svolge la comunicazione con i pazienti in ambito farmaceutico? Quanto e cosa è giusto che sappiano i consumatori? Quali effetti può avere una non precisa comunicazione sugli utilizzatori?
Se ne è parlato alla quarta edizione dell’European Pharmacovigilance Congress tenutosi online il 26 e il 27 novembre 2020 e di cui eravamo sponsor.
La comunicazione con i pazienti
Secondo Giovanni Furlan, Safety Risk Lead Director di Pfizer, il rischio di reazioni avverse è una cosa fondamentale da comunicare a chiunque utilizzi il farmaco, anche in ottica di riduzione del rischio ad esso legato. Diversi studi sui pazienti hanno dimostrato che, dopo aver letto il foglietto illustrativo, questi erano scioccati dalle reazioni avverse e dalla loro gravità. La conseguenza è stata che alcuni di loro hanno addirittura smesso di prendere il farmaco o alterato le dosi.
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L’effetto nocebo
Da non sottovalutare in particolare è l’effetto nocebo, fenomeno psicobiologico secondo cui la nostra percezione viene alterata in seguito a condizionamenti di eventi precedenti od ostilità riguardo un prodotto. Il nocebo può concorrere all’insorgenza di reazioni avverse in quanto un paziente con pregiudizi su un farmaco è portato a prestare maggiore attenzione agli effetti della sua assunzione e a riferire generalmente più sintomi.
Ne è un esempio il caso Finasteride, presentato a soggetti con iperplasia prostatica e nessuna disfunzione sessuale, come farmaco che può raramente causare disfunzione erettile, diminuzione della libido, problemi di eiaculazione. Il 43,6%, a un anno di follow-up, ha riportato una disfunzione sessuale.
Un altro esempio è lo studio double-blind in cui a pazienti con angina è stato somministrato aspirina, sulfinpirazone, entrambi i farmaci o placebo. I pazienti informati del rischio di irritazione gastrointestinale hanno riportato un aumento di questi sintomi ed erano sei volte più propensi a ritirarsi dallo studio.
I sintomi aspecifici
L’effetto nocebo rappresenta almeno il 40% degli eventi avversi negli studi clinici, così come i sintomi aspecifici. Questi ultimi che possono essere sintomi della normale vita quotidiana, quali per esempio mal di schiena, affaticamento, mal di testa, dolori articolari, disturbi del sonno ecc., sono spesso erroneamente attribuiti al farmaco. Devono comunque essere inseriti nel labelling del farmaco, con l’effetto controproducente però per il quale un paziente è meno disposto a sottoporsi a tale cura.
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Dettagli numerici
Un ulteriore problema è dato dal fatto che non vengono riportati i dati numerici delle reazioni avverse. È stato dimostrato che i pazienti che non sanno i reali valori di incidenza, hanno la tendenza a sovrastimare la frequenza degli eventi avversi rispetto ai pazienti che ricevono informazioni più dettagliate. Chi non è a conoscenza di fatti in numeri, di conseguenza, assume con meno proabilità il farmaco.
Una proposta – prosegue Furlan – potrebbe essere quella di inserire nel labelling del farmaco i dati precisi in cifre, anche mediante infografiche, così da non suggestionare il pubblico.
Comunicazione con i pazienti: come migliorare
In conclusione si può affermare che sebbene la comunicazione sia fondamentale, è ancora più importante il modo in cui lo si fa. È giunto il momento di esplorare nuove metodologie d’informazione per evitare malintesi e condizionamenti infondati.